domenica 27 novembre 2016

Venerdì 9 Dicembre

VENERDì 9 DICEMBRE c/o Spazio Antagonista NEWROZ In via Garibaldi 72 a Pisa
Il NEWROZ e il COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD
Organizzano la presentazione di:
SCARCERANDA 2017 dalle ore 18 interveranno :

un compagno di Radio Onda Rossa di Roma che cura la pubblicazione dell'agenda e del quaderno sul carcere;

il Collettivo Artaud che si sta occupando delle problematiche relative alle Rems (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza) nate in sostituzione degli Opg;

alcuni compagni di Pisa colpiti da Daspo di Piazza, nuova misura repressiva di cui la nostra città è territorio di sperimentazione.

a seguire SERATA BENEFIT per le spese legali  contro i DASPO di Piazza

giovedì 17 novembre 2016

Mastrogiovanni, pene più basse per chi uccise il maestro anarchico

Condanne confermate ma pene ridotte per i sei medici e gli undici infermieri colpevoli del sequestro di persona e della contenzione inumana, fino alla morte, di Francesco Mastrogiovanni

di Checchino Antonini

La Corte d’Appello di Salerno ha confermato le condanne per i sei medici del reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania coinvolti nella morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare deceduto nell’agosto del 2009. Le pene sono state ridotte, mentre sono stati condannati gli 11 infermieri che in primo grado erano stati assolti. I medici sono stati condannati a pene che vanno dai 13 mesi ai due anni, gli infermieri dai 14 mesi ai 15 mesi. Per tutti la pena è sospesa.
Francesco Mastrogiovanni morì dopo quattro giorni di ricovero in seguito a un trattamento sanitario obbligatorio e dalle indagini emerse che era stato legato mani e piedi a un lettino di ospedale, per diversi giorni. Quanto accaduto nell’ospedale di Vallo della Lucania (Salerno) fu registrato dalle telecamere di videosorveglianza: è stato proprio quel video ad inchiodare gli imputati. La sentenza in primo grado fu emessa dal Tribunale di Vallo il 30 ottobre del 2012. All’udienza era presente una delegazione dell’associazione Acad, contro gli abusi in divisa, solidale con i familiari e i sodali di Mastrogiovanni: quella dei Tso è una pratica inumana che spesso sfocia in abusi violenti. Questa storia, come la tragica fine del signor Giuseppe, Giuseppe Casu di Quartu S.Elena, stanno a dimostrarlo.
La storia fu raccontata da Daniele Nalbone su Liberazione, nel 2009. Francesco Mastrogiovanni è morto legato al letto del reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania alle 7.20 di martedì 4 agosto. Cinquantotto anni, insegnante elementare originario di Castelnuovo Cilento, era, per tutti i suoi alunni, semplicemente “il maestro più alto del mondo”. Il suo metro e novanta non passava inosservato. La mattina del 31 luglio decine di carabinieri e vigili urbani, alcuni in borghese, altri armati fino ai denti, hanno circondato la casa in cui alloggiava dall’inizio di luglio per le vacanze estive in un campeggio cilentano. Uno spiegamento degno dell’arresto di un boss della camorra per dar seguito a un’ordinanza di Trattamento Sanitario Obbligatorio (competenza, per legge, solo dei vigili urbani) proveniente dalla giunta comunale di Pollica Acciaroli. Oscuri i motivi della decisione: si dice per disturbo della quiete pubblica. Fonti interne alle forze dell’ordine raccontano di un incidente in cui, guidando contromano, alcune sere prima, avrebbe tamponato quattro autovetture parcheggiate, «ma nessun agente, né vigile, ha mai contestato qualche infrazione e nessuno ha sporto denuncia verso l’assicurazione», ci racconta Vincenzo, il cognato di Francesco. Mistero fitto, quindi, sui motivi dell’“assedio”, che getta ovviamente nel panico Francesco. Scappa dalla finestra e inizia a correre per il villaggio turistico, finendo per gettarsi in acqua. Come non bastassero carabinieri e vigili urbani «è intervenuta una motovedetta della Guardia Costiera che dall’altoparlante avvertiva i bagnanti: “Caccia all’uomo in corso”».
Per oltre tre ore, dalla riva e dall’acqua, le forze dell’ordine cercano di bloccare Francesco che, ormai, è fuori controllo. «Inevitabile» commenta suo cognato «dopo quanto gli è accaduto dieci anni fa». Il riferimento è a due brutti episodi del passato «che hanno distrutto Francesco psicologicamente» spiega il professor Giuseppe Galzerano, suo concittadino e carissimo amico, come lui anarchico. Il 7 luglio 1972 Mastrogiovanni rimase coinvolto nella morte di Carlo Falvella, vicepresidente del Fronte universitario d’unione nazionale di Salerno: Francesco stava passeggiando con due compagni, Giovanni Marini e Gennaro Scariati, sul lungomare di Salerno quando furono aggrediti, coltello alla mano, da un gruppo di fascisti, tra cui Falvella. Il motivo dell’aggressione ce lo spiega il professor Galzerano: «Marini stava raccogliendo notizie per far luce sull’omicidio di Giovanni, Annalisa, Angelo, Francesco e Luigi, cinque anarchici calabresi morti in quello che dicono essere stato un incidente stradale nei pressi di Ferentino (Frosinone) dove i ragazzi si stavano recando per consegnare i risultati di un’inchiesta condotta sulle stragi fasciste del tempo». Carte e documenti provenienti da Reggio Calabria non furono mai ritrovati e nell’incidente, avvenuto all’altezza di una villa di proprietà di Valerio Borghese, era coinvolto un autotreno guidato da un salernitano con simpatie fasciste. Sul lungomare di Salerno, però, Giovanni Marini anziché morire, uccise Falvella con lo stesso coltello che questi aveva in mano. Francesco Mastrogiovanni fu ferito alla gamba. Nel processo che seguì, Francesco venne assolto dall’accusa di rissa mentre Marini fu condannato a nove anni.
Nel 1999 il secondo trauma. Mastrogiovanni venne arrestato «duramente, con ricorso alla forza, manganellate e calci» spiega il cognato Vincenzo, per resistenza a pubblico ufficiale. Il motivo? Protestava per una multa. In primo grado venne condannato a tre anni di reclusione dal Tribunale di Vallo della Lucania «grazie a prove inesistenti e accuse costruite ad arte dai carabinieri». In appello, dalla corte di Salerno, pienamente prosciolto. Ma le botte prese, i mesi passati ai domiciliari e le angherie subite dalle forze dell’ordine lasciano il segno nella testa di Francesco.«Da allora viveva in un incubo».
Eppure da quei fatti Mastrogiovanni si era ripreso alla grande,«tanto da essere diventato un ottimo insegnante elementare», sottolinea l’amico Galzerano, «come dimostra il fatto che quest’anno avrebbe finalmente ottenuto un posto di ruolo, essendo diciottesimo nella graduatoria provinciale». Era in cura psichiatrica ma si stava lasciando tutto alle spalle. Fino al 31 luglio. Giorno in cui salì «di sua volontà» sottolinea Licia del campeggio Club Costa Cilento «su un’ambulanza chiamata solo dopo averlo lasciato sdraiato in terra per oltre quaranta minuti una volta uscito dall’acqua». La sera stessa venne legato al letto e rimase così quattro giorni.

fonte: popoffquotidiano.it

domenica 13 novembre 2016

Processo Mastrogiovanni: Martedì 15/11 la sentenza

Martedì 15 novembre 2016, ore 9,30, alla Corte d'Appello del Tribunale di Salerno, presieduta dal giudice Michelangelo Russo, si terrà - con la replica del Procuratore Generale - l'ultima udienza e sarà pronunziata la sentenza del processo d'appello a carico dei sei medici e dei dodici infermieri responsabili della atroce morte del maestro elementare Francesco Mastrogiovanni, tenuto legato mani e piedi, senza alcuna umanità, per 88 ore nell'ospedale di Vallo della Lucania.
I medici, in primo grado, sono stati condannati a pene dai 2 ai 4 anni di reclusione e gli infermieri furono assolti.

venerdì 4 novembre 2016

Padova: sessantenne muore in seguito a TSO

MONSELICE. È giallo sulla morte di Fabio Boaretto, il sessantenne di Galzignano ricoverato nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Madre Teresa di Calcutta, a Schiavonia, in seguito a un Tso (trattamento sanitario obbligatorio). E poi deceduto a neanche 24 ore di distanza. Il pubblico ministero di Padova, Roberto Piccione, ha aperto un’inchiesta, al momento senza indagati. E ha deciso di far eseguire l’autopsia sul corpo dello sfortunato paziente, in cura per problemi mentali. Di più. Il magistrato ha autorizzato soltanto l’espianto dei bulbi oculari, bocciando la richiesta di espiantare pure fegato e reni, organi la cui disponibilità era stata sollecitata dalla Direzione sanitaria dell’ospedale: non è stato possibile per non compromettere l’esito della perizia autoptica indispensabile per ricostruire la verità su quella morte.
La ricostruzione. Fabio Boaretto muore intorno alle 11 di ieri mattina. «Il paziente era stato accompagnato una prima volta in ospedale giovedì 27 ottobre per un Tso, ma si era poi allontanato prima che il ricovero potesse avvenire» spiega in una nota l’ufficio stampa dell’Usl 17, «Nel pomeriggio del 31 ottobre è stato nuovamente accompagnato in ospedale, dove è stato ricoverato in Psichiatria e sottoposto a una serie di esami. Durante la sera di lunedì ha manifestato gravi problemi respiratori, a seguito dei quali è stata subito allertato il soccorso interno. Quindi il paziente è stato intubato e trasferito in Rianimazione dove, nonostante le cure prestate, le sue condizioni si sono aggravate fino determinarne il decesso».
Lunedì il sindaco di Galzignano, Riccardo Masin, era stato contattato dal medico di base di Boaretto: il 60enne era andato in escandescenze. A volte dimenticava di assumere i farmaci, altre volte sbagliava le dosi: ormai era incontrollabile. Da qui la richiesta del medico al primo cittadino: era necessario un Tso. Intorno a mezzogiorno la firma del provvedimento. Boaretto è ricoverato in Psichiatria: al momento non è stato accertato se gli siano stati somministrati farmaci. Nel pomeriggio le complicanze respiratorie, poi la situazione precipita. Alle 22.30 Boaretto va in coma e viene trasferito in Rianimazione: a causa della mancanza di ossigeno, le sue condizioni risultano gravemente compromesse. Alle 11 di ieri la dichiarazione di morte. Sul corpo nessuna lesione.
Il Tso. Il Tso è una procedura complessa che coinvolge varie figure per evitare qualsiasi forma di abuso. La legge stabilisce che si può attuare sono in presenza di due condizioni: quando il soggetto necessita di cure secondo i sanitari che l’hanno visitato e, nel contempo, le rifiuta. Di fatto il Tso viene messo in atto quando la persona appare pericolosa per sé o per gli altri in caso di disturbo psichiatrico (ma anche quando un tossicodipendente o un alcolista manifestano comportamenti incontenibili in crisi di astinenza). La durata massima del Tso è di una settimana: viene disposto con provvedimento firmato dal sindaco del Comune di residenza o di dimora, nella sua qualità di autorità sanitaria. E deve essere giustificato dal certificato di due medici (di regola il medico di base, mentre il secondo obbligatoriamente deve essere dipendente di una struttura pubblica, in genere uno psichiatra dell’Usl).

fonte:http://mattinopadova.gelocal.it