venerdì 30 maggio 2014

La parabola dell'indicibile



Riceviamo e pubblichiamo con orgoglio l'articolo del nostro amico luminare milanese Peppus del Kalashnikov Collective che ci regala questo articolo inedito da inserire sul blog: 

 

Ben più contrariato fu quando riuscì a comprendere che io facevo della sua opera e di lui stesso oggetto di particolare studio scientifico: da allora in poi non volle assolutamente più darmi alcuna delucidazione sul Nuovo Mondo.
Giovanni Marro

Nel 1945 l'artista francese Jean Dubuffet conia il fortunato neologismo “Art Brut”, volendo con esso perimetrare e far emergere all'attenzione culturale una pluralità di fenomeni estetici che cominciano a stagliarsi alla coscienza del mondo occidentale  circa alla metà del diciannovesimo secolo. Gli autori che Dubuffet fa oggetto di una radicale rivalutazione estetica si caratterizzano per la capacità di attingere strategicamente alla declinazione socialmente interdetta della loro soggettività:situati nell'esperienza dell'handicap mentale, della psicosi (avente in prevalenza per oppressivo teatro l'istituzione psichiatrica) o dell'eccentricità sociale rispetto agli attori del mondo dell'Arte e di qualsivoglia ambiente creativo che trovi il proprio baricentro in modalità collettivamente condivise dell' esperienza estetica, questi artisti si collocano in un rapporto di costante eccedenza rispetto agli assetti linguistici dominanti. Dubuffet non è esente dalla lezione degli psichiatri che, dal diciannovesimo secolo, hanno collezionato le produzioni artistiche dei loro pazienti, in un processo storico che ha visto la valutazione diagnostico-psicopatologica entrare sempre più in tensione con il coglimento del valore estetico delle opere “diverse”(si pensi a figure di studiosi come Paul Meunier, Hans Prinzhorn o Walter Morgenthaler, primo esegeta dell'opera di Adolf Wolfli, il trasgressivo“creatore schizo”recluso nel manicomio di Waldau).Tuttavia  il pittore francese si muove nell'ottica sovversiva di una critica al culturalismo artistico la quale, benchè fin troppo unilaterale, lo pone in grado di delegittimare, in nome di un individualismo anarchicamente sfrenato, ogni riconduzione dell'esperienza creatrice nell'alveo di una intersoggettività intesa quale orizzonte primario dell'operare. Quest'ultima trova il proprio lampante disconoscimento in pratiche artistiche(esemplarmente quelle dei grandi   autori psicotici) caratterizzate da un più o meno profondo solipsismo creativo,nelle quali il rapporto con il pubblico non costituisce l'obiettivo privilegiato di un'opera che vive, secondo la chiave di lettura dubuffetiana, nella tendenziale estraneità alle nozioni estetiche proprie di quella modalità socialmente condivisa del pensiero che è la cultura. L'artista Outsider rappresenta indubbiamente,in tale ottica radicale, l'unico reale fattore di resistenza ai sempre più inesorabili processi di omologazione estetica che attraversano il villaggio globale e che trovano il loro momento di criticità in modalità soggettive,quali quelle dei creatori devianti, declinate nel senso di un autocentrismo che ne pone in essere un' inesauribile indocilità ai processi inclusivi. Si può ricordare come l'antropologo e psichiatra Giovanni Marro,agli inizi del novecento, tentasse di esorcizzare il Nuovo Mondo, sconvolgente scultura di ossa bovine del suo paziente (il carabiniere Francesco Toris, recluso nel Regio Manicomio di Collegno con la diagnosi di paranoia) riducendola agli stereotipi del delirio quale recupero dei primi stadi della filogenesi umana e includendola artificiosamente nella categoria del primitivo, intrinsecamente squalificata agli occhi di un europeo di cultura colonialista. Tuttavia, il successivo percorso evolutivo della ricezione dell'arte irregolare presenta un progressivo rovesciarsi delle originarie logiche escludenti:mentre il mondo culturale di un  Marro praticava la neutralizzazione estetica delle opere irregolari tramite il distanziamento scientifico obiettivante della museificazione antropologica (precorrendo la feroce stigmatizzazione nazista dell'arte dei folli, funzionale alla  messa in opera, in nome  della “razza ariana”, dello sterminio di questi ultimi nell'Olocausto psichiatrico) oggi si manifesta un' insidiosa attitudine alla legittimazione inclusiva delle prassi estetiche devianti che trova forse la più emblematica modalità nella strumentalizzazione in chiave arte-terapica di esse.
Pensando ai più magistrali protagonisti della creatività Outsider italiana, dal grande Carlo Zinelli a Davide Mansueto Raggio,da Marco Raugei a Curzio Di Giovanni  e all'eccentrico orbitare delle loro opere ai margini della galassia visiva di un mondo sempre più globale, si può agevolmente constatare come ne costituiscano,nel senso etimologico, l'impronosticabile ,irriducibile, ed emancipativo de-lirio: non è pertanto possibile rinunciare alla radicalità di un impegno teorico e politico volto a mantenere attivo un costante sommovimento sismico degli strumenti linguistici e interpretativi  pertinenti a quell'uomo normalizzato globale che trova nel confronto con le espressioni della trasgressione estetica estrema la propria afasia e l'occasione, spaventosa e destabilizzante, di una non reversibile diversione dalla morsa reclusiva dei propri paradigmi.
 

martedì 27 maggio 2014

Umorismo

“Qualche volta non mi ricordo se sono il poliziotto buono o quello cattivo”.

Veronika

domenica 25 maggio 2014

Diy Kag Fest 3

 
CAMAP presente con banchetto informativo, un ringraziamento a chi ha sostenuto ed appoggiato l'iniziativa.

martedì 20 maggio 2014

Le guerrigliere dell'estinzione ontologica: donne, folli, animali



Riceviamo e pubblichiamo con orgoglio l'articolo del nostro amico luminare milanese Peppus del Kalashnikov Collective che ci regala questo articolo inedito da inserire sul blog:

Gli spari di Valerie Solanas ad Andy Warhol ed al suo staff rappresentano lo sbocco sanguinario quanto ingenuo di un pensiero critico sottesamente lucido. La più estrema delle militanti lesbo-femministe, che nel suo deflagrante “Manifesto per la distruzione del maschio” del 1967 aveva proclamato la necessità di eliminare il sesso maschile (facendo coincidere l'appropriazione da parte della donna dei  processi riproduttivi con la possibilità di porre in essere un salvifico annichilimento eugenetico dell'uomo,conditio sine qua non di una trionfante rigenerazione anarchica dell'identità femminile) non era riuscita a cogliere come l'annientamento delle identità di genere coincida con il loro svuotamento ontologico. La geniale pensatrice-terrorista, che pagò la propria visione non omologata con tre anni di ospedale psichiatrico giudiziario, non poteva conoscere una rivelatoria sentenza dell'autrice de “Il corpo lesbico”,Monique Wittig: “Non vi è nulla di ontologico nel concetto di differenza”,essendo vero che le identità di genere( da intendersi per Wittig quali inclusive del sesso biologicamente definito, colto illusoriamente di norma quale incontestabile dato naturale) vanno riconosciute  come fittizie e distrutte nell'ottica di una estinzione del binarismo uomo-donna, attraverso il sabotaggio concettuale e sociale del primo dei due termini ad opera delle soggettività che osino radicalmente sottrarsi all'identificazione col secondo. E' tuttavia l'accusa di malattia mentale mossa nei confronti di Valerie Solanas a fornirci una profonda delucidazione su come i processi di vanimento dell'identità di genere vadano radicalmente perseguiti:al riguardo è opportuno interrogare l'ottica anti-psichiatrica nella sua capacità di mettere a fuoco le intersezioni tra lo stigma sessista e lo stigma psichiatrico non dimenticandoci la più profonda e strutturale stigmatizzazione posta in essere dalla nostra civiltà,da leggersi quale correlata e funzionale alle due precedenti, quella specista. La seconda e la terza modalità citate dello stigma agiscono come grandi cornici del nostro ordine sociale, costituendo lo strumento strategico dell'espulsione di una moltitudine di soggetti(folli e animali) dallo spazio dell'ordinarietà giuridica onde recluderli nelle terre di confine di una giurisdizione d'eccezione(i folli) o di un radicale svuotamento di diritti(gli animali), nell'ottica di un rapporto con essi orientato all'oggettivazione conoscitiva( psicopatologica o zoologica) da parte di una soggettività (antropica e raziocinante) la quale definisce la sua normalità proprio in sottesa relazione con le diversità che esclude. Le due finzioni della follia e dell' animalità presidiano i confini della società Straight, la quale le utilizza per determinare e stigmatizzare i vari gradi di eccedenza degli individui dalla declinazione dominante della soggettività,il maschio umano, eterosessuale e raziocinante: è infatti palese l' importanza strutturale, nella costruzione patriarcale della Donna,della sua caratterizzazione nei termini della prevalenza istintuale,che la accosta da un lato alla follia tramite lo stigma, attivo in particolare contro le femministe, della donna “isterica” e “delirante” e, dall'altro più radicalmente alla sfera animale. D'altro canto la società Straight ha dimostrato negli ultimi decenni di   dar luogo a percorsi di emancipazione delle minoranze i quali, strutturandosi nell'assenza di una puntuale revisione dello stigma psichiatrico e specista ,vengono a configurarsi in realtà quali processi orientati all' assimilazione delle   identità socialmente squalificate, normalizzandole il più possibile nel quadro dei modelli identitari dominanti: antropici, maschili e raziocinanti. “Siamo fieri di avere praticamente abolito i nostri pregiudizi sulle differenze tra uomini e donne o tra bianchi e neri. Ma siamo ancora più fieri di aver creato un complesso di credenze psichiatriche relative alla differenza tra la natura neuroanatomica e neurofisiologica del sano e quella dell'insano, del sano di mente e del malato di mente”, come scrive ne “Il mito della malattia mentale” Thomas Szasz, uno dei massimi critici della psichiatria:l'unica via controffensiva praticabile per il femminismo contemporaneo è  lo svuotamento ontologico dei concetti sessuali, psicopatologici e zoologici, aprendo una battaglia de-naturalizzatrice che ne mostri il carattere fittizio e ne saboti l'implacabile gioco esclusorio, verso il vanimento della Straight Society nell'abissale,oscura vertigine di una soggettività senza più nome.
 

giovedì 15 maggio 2014

In difesa della psicologia

Il nostro (vostro) blog riunisce persone con diverse culture, valori e orientamenti sotto un unico pensiero di critica psichiatrica. Ciò vuol dire che nella varietà di posizioni, spesso e volentieri non tutti la pensano allo stesso modo, quando il discorso inevitabilmente scivola in questioni parallele.
Talvolta capita, ad esempio, che oltre all'idea della persona poco informata che confonde psichiatria e psicologia (cosa che capita molto più spesso di ciò che si pensi, ve l'assicuro), gli stessi individui coinvolti maggiormente in una lotta contro il potere psichiatrico facciano delle generalizzazioni forse un pò troppo avventate.
Mi riferisco all'articolo comparso su questo stesso blog a firma di Alberto Brugnettini. L'errore principale è a mio avviso iniziare la propria dissertazione con una definizione da vocabolario di psicologia e psichiatria e muovere da lì una critica che, fin dall'inizio, confonde le carte in tavola abbinando due scienze che in realtà non hanno molto in comune.
Innanzitutto la psicologia (e non la psichiatria) non desidera essere una scienza medica, altrimenti nelle università italiane non verrebbe insegnata nei dipartimenti di scienze sociali o umanistiche che dir si voglia. Spesso utilizza metodi scientifici mutuati da altre scienze per convalidare le proprie ipotesi, ma non con il desiderio finale di prescrivere farmaci! Lo stesso Popper definiva la psicologia una pseudo scienza. Attenzione però: Popper la definiva così spiegando che il suo campo di indagine è talmente ampio da non poter essere analizzato completamente e falsificato, non perchè non avesse basi scientifiche (come potrebbe essere la cartomanzia ad esempio). Salto la differenza fra scienze morbide e scienze dure perchè il discorso si allungherebbe ancor di più.
L'errore peggiore poi è pensare alla psicologia come un'unica scienza. In realtà esistono molte sfaccettature e indirizzi di ricerca talmente divergenti fra loro che spesso è difficile ricondurli tutti sotto lo stesso ombrello. Da un estremo all'altro, passiamo dai seguaci di Jung ai "topi di laboratorio" che svolgono esperimenti di conduzione galvanica. Attenzione: non tutto è difendibile. Coloro che utilizzano il DSM sognando di essere delle piccole copie dello psichiatra di fiducia, agognando il famigerato libretto con le ricevute rosse, chi in poche parole desidera il potere nel senso Focaultiano del termine, non è difendibile ne scusabile. Non si può però generalizzare in questo modo, pena diventare vittime della pressapochezza del nostro pensiero. Un esempio? La neuropsicologia si occupa del recupero/riabilitazione di chi ha subito un trauma (incidente, ictus, neoplasia) al cervello. In un secolo di ricerche ha sviluppato programmi che si sono rivelati efficaci nel recupero parziale (nei casi più fortunati totale) di varie capacità lese dal trauma. Non mi dilungo nell'esposizione, ma non mi sento proprio di criticare il lavoro di chi permette ad un paziente di ricominciare a parlare/vedere/muoversi correttamente, grazie ad un lavoro di riabilitazione che affonda il suo metodo nella psicologia.
La mia riflessione vuole solo essere una critica costruttiva ad un articolo che in parte può essere condivisibile, ma che nella sua premessa iniziale rischia di creare una confusione che non credo possa giovare in qualche modo alla nostra lotta.

Veronika

mercoledì 14 maggio 2014

venerdì 9 maggio 2014

Magliette CAMAP di Autofinanziamento

Sono state realizzate con una serigrafia naturale e senza uso di agenti chimici by Limbs of Disarm https://myspace.com/limbs-disarm https://www.etsy.com/it/shop/LimbsDisarm
Disponibili dall'11 maggio alla Rosa Nera Squat di Milano, 17 maggio al Kag di Pisogne e il 24 maggio al DIY KAG FEST (trailer: https://www.youtube.com/watch?v=jF6UPjd2cYQ). Tutti gli incassi verrano utilizzati per il finanziamento del Collettivo Anipsichiatrico Camuno e le sue compartecipazioni o iniziative.


Psichiatria 16 e 23maggio - PIACENZA

P S I C H I A T R I A :
SCIENZA   o   CONTROLLO   SOCIALE  ?
 
CI  DICONO  CHE  LE  TERAPIE  PSICHIATRICHE  SONO   LE  CURE NECESSARIE  PER  LA  MALATTIA  MENTALE
                               
 QUALI  SONO QUESTE  “TERAPIE” ?
 
ESISTE  LA   “MALATTIA  MENTALE”
?
 
DISCUTIAMONE 

2  INCONTRI   PUBBLICI  

VENERDI’   16    MAGGIO  

IL  TELEFONO  VIOLA 
LINEA  D’ ASCOLTO   PER   DIFENDERSI  DAI  METODI  DELLA  PSICHIATRIA
 
PROIEZIONE  DEL  FILMATO “SENZA  RAGIONE”- PSICHIATRIA : DALLE  SUE ORIGINI AI GIORNI  NOSTRI.

 VENERDI’    23    MAGGIO  

REPARTI  PSICHIATRICI:  DOVE  LE “CURE”  PRODUCANO  MORTE  E  SOFFERENZA

- IL CASO DI   FRANCO   MASTROGIOVANNI

Collettivo  Antipsichiatrico di  Bergamo

- IL CASO  DELL’  OSPEDALE   NIGUARDA (Mi)

Giorgio  Pompa dell' associazione "Dalle Ande agli Appennini"


DALLE   19:30   BUFFET   VEGAN      -      ORE  21   INIZIO  INCONTRI


Presso SALA CIRCOSCRIZIONE  3 -Via Martiri della Resistenza n
.8
                                               -  PIACENZA  -
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TELEFONO  VIOLA  di  PIACENZA     345  7904938

 
antipsichiatriapc@autistici.org

martedì 6 maggio 2014

PSICHIATRIA = CONTROLLO SOCIALE



"Integrato" è un termine molto usato in psichiatria per indicare un "malato mentale" con comportamenti che tendono alla "normalità"; solo questa parola potrebbe dirla lunga su quali sono i parametri di giudizio che possono portare all'etichettamento di una persona come folle, al suo ricovero forzato in strutture sanitarie, alla somministrazione sempre forzata di psicofarmaci.
Per non essere considerato folle bisogna quindi essere integrato nella società, seguire la media standard dei comportamenti; chi devia è pazzo, chi devia è un elemento pericoloso per la società, deve essere "curato"(ossia drogato con psicofarmaci). Come nell'est chi si opponeva al socialismo reale veniva rinchiuso in strutture psichiatriche, anche le persone ritenute pericolose dalle nostre società occidentali sono destinate alla stessa sorte: il problema di fondo è che la psichiatria viene usata da qualsiasi tipo di potere in ogni parte del mondo come uno strumento di controllo sociale.
D'altronde per tanti problemi essa sembra fornire la soluzione più semplice: ci sono degli emarginati che non si trovano a loro agio in questa società e che mettono in dubbio coi loro comportamenti "anormali" alcune strutture essenziali della società stessa? La soluzione più semplice è metterli da parte, bollarli come pazzi, imbottirli di medicinali, nascondere negandole tutte quelle ragioni che li hanno portati a comportarsi in una determinata maniera. E così ci si chiude gli occhi di fronte ad una realtà sociale fatta di disoccupazione, alienazione, spersonalizzazione, televisione (un'altra droga!), fatta di quartieri ghetto privi di qualsiasi tipo di servizi, di un sistema scolastico che non lascia alcuno spazio alla libertà ed all'iniziativa dello studente.
Ma nascondere e fingere di ignorare è sempre la cosa più facile, e così la cosa più semplice da fare per "risolvere" il problema della droga è quella di punire il tossico, e così ancora una volta si agisce sull'ultimo anello della catena, sul più debole, invece di rimuovere le cause di emarginazione e disagio sociale che causano tale fenomeno. Ma giudicare è sempre più facile che comprendere, ed è sempre troppo comodo lavarsi la coscienza accusando e punendo qualcun altro. E così invece di affrontare il problema dello sfruttamento dei paesi più arretrati da parte del nord del mondo si fa prima a dare la caccia al negro che è venuto da noi a prendersi la minima parte di quanto noi occidentali gli abbiamo rubato, o magari gli si sequestra la merce perseguendolo per contrabbando; lo sfruttamento coloniale però era perfettamente legale, e continua ad esserlo anche ora che finita la dominazione diretta perdura sotto altre forme.
E così la psichiatria, pretendendo di curare i sintomi di un diffusi malessere sociale e mascherandoli con fantasiosi nomi di malattie inesistenti (di cui è ben difficile trovare una precisa definizione) vuole impedire che si vada a fondo del problema recuperando quei valori di libertà e di umanità che comporterebbero una radicale trasformazione della struttura sociale.
 
Tratto da: "Il Nido del Cuculo"